Il Tunnel Borbonico, già ribattezzato Galleria Borbonica, prende il nome dal re Ferdinando II di Borbone che nel 1853 ne avviò la realizzazione allo scopo di creare un collegamento segreto sotterrano tra il Palazzo Reale e piazza Vittoria, vicina al mare e alle caserme, in modo tale da consentire una fuga sicura e veloce al Re in caso di pericolo, visti i rischi verificatisi durante i moti rivoluzionari del 1848. I primi cunicoli furono scavati per costruire l’antichissimo acquedotto detto della Bolla (probabilmente perché iniziava nella piana di Volla) che risale nella sua struttura principale all’epoca greco romana, ma che fu poi ampliato dal viceré don Pedro da Toledo dopo la peste del 1528. E fu proprio in uno dei rami sotterranei scavati in quell’epoca che s’imbatterono gli operai assoldati dall’architetto Enrico Alvino per scavare il tunnel sotterrano voluto da Ferdinando II di Borbone per collegare il palazzo Reale costruito in piazza Plebiscito con piazza Vittoria e quindi con il mare.
I lavori durarono tre anni e furono eseguiti esclusivamente con a mano con picconi, martelli e cunei, e con un’illuminazione fornita solo da torce e candele. Il 25 maggio del 1855 ci fu l’inaugurazione del Tunnel Borbonico con il passaggio di Ferdinando II di Borbone, ma poi restò aperta al pubblico per soli 3 giorni. La galleria chiuse definitivamente per motivi economici e per la decadenza dei Borbone con l’arrivo dell’unità d’Italia.
La Galleria Borbonica tornò nuovamente utile durante la seconda guerra mondiale, tra il 1939 e il 1945, quando il suo tunnel e le ex cisterne limitrofe furono utilizzate come ricovero bellico dei cittadini. Grazie a questo percorso segreto trovarono rifugio tra i 5.000 ed i 10.000 napoletani, molti dei quali avevano perso le case durante i bombardamenti subiti dalla città di Napoli sia da parte degli alleati sia dei tedeschi.
Dopo la guerra e fino al 1970 la galleria fu utilizzata come Deposito Giudiziale Comunale e servì per immagazzinare tutto ciò che era stato estratto dalle macerie causate dai bombardamenti, ma anche tutto ciò che veniva recuperato da crolli, sfratti e sequestri, come motoveicoli e automobili.
Solo nel 2005 la galleria è stata riconsiderata dai geologi che cominciarono a scavare nel sottopassaggio rinvenendo man mano vari ambienti e riuscendo nel 2010 a riaprire la struttura al pubblico.
Oggi la Galleria Borbonica è una delle attrazioni turistiche più affascinanti e suggestive della città di Napoli, offre infatti un imperdibile racconto della città, dei suoi strati e delle sue contraddizioni. A scoprire e soprattutto a far conoscere l’incredibile intreccio sono stati Gianluca Minin ed Enzo De Luzio, che hanno anche fondato l’Associazione Borbonica Sotterranea: per anni i volontari hanno continuato a scavare portando alla luce un tesoro dopo l’altro.
RIDONDANTE comprese le carcasse di auto e moto dell’epoca e una statua di Aurelio Padovani, il leader fascista morto nel 1926 cadendo da un balcone mentre arringava le folle. Negli anni Ottanta l’ultima beffa. L’inutilizzata galleria borbonica si incrociò con un’altra opera faraonica destinata a non vedere mai la luce: la linea tranviaria rapida che doveva essere inaugurata per i mondiali di calcio del 1990, ma non fu mai inaugurata. A partire dal 2008 la rete dei cunicoli e stata liberata e riutilizzata per un percorso turistico di grande suggestione. All’interno della galleria si possono seguire tre itinerari: standard, avventura, speleo e via della memoria. Chi sceglie l’avventura dovrà affrontare anche un tratto in zattera, chi preferisce la speleologia dovrà armarsi di torcia e casco.
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