Piazza del Plebiscito è la principale, più grande e più importante tra le tantissime piazze di Napoli. L’enorme rispetto e la devozione che genera nei napoletani è data dalla sua maestosa presenza ma anche dalle tante leggende che la riguardano e che l’hanno vista protagonista della storia della città, sia antica che moderna. Inizialmente Piazza del Plebiscito era, e fu per secoli, solo uno spiazzo irregolare nel quale si svolgevano feste popolari, fino a quando, nel Seicento, si cominciò la costruzione del Palazzo Reale ad opera dell’architetto reale Domenico Fontana. Questo palazzo fu detto “Nuovo” per distinguerlo dal Palazzo Vecchio costruito nel 1500 dal vice regno spagnolo come residenza reale. In seguito alla costruzione del Palazzo, la piazza prese il nome di Largo di Palazzo. Furono celebrate in questi anni numerose feste e giochi. Il più famoso era la Cuccagna, che consisteva nella riproduzione in cartapesta e legno di una collina, una villa o un castello ripieno di cibo di ogni genere. In giornate prestabilite, dopo le 22, a seguito di due colpi di cannone come segnale di via ogni partecipante cercava di prendere quanta più roba possibile.
Nel XVIII secolo l’architetto Luigi Vanvitelli, noto anche per essere l’architetto del Palazzo reale di Caserta, effettuò dei lavori di restauro al Palazzo Reale. Fu proprio lui a costruire le otto nicchie dove nel 1888 vennero poi esposte le statue dei re di Napoli: Ruggero il Normanno, Federico II, Carlo d’Angiò, Alfonso d’Aragona, Carlo V, Carlo III, Gioacchino Murat, Vittorio Emanuele II. Solo con l’arrivo di Carlo III, però, il Palazzo Reale divenne una vera reggia nobiliare, con arredamenti ed opere d’arte.
In seguito all’incendio del 1837, Ferdinando II fece abbattere il Palazzo Vecchio e rifare l’ala destra del Palazzo Reale, che riprese forme nuove ricollocandosi architettonicamente all’interno del più ampio disegno della piazza.
Successivamente, per volontà di Ferdinando IV, fu costruita la chiesa di S. Francesco di Paola, come voto del re nei confronti di quel Santo che aveva interceduto per lui affinché si restaurasse la corona borbonica. La realizzazione del progetto della Chiesa fu affidato a Piero Bianchi, che decise di collocare due statue equestri, di Carlo e Ferdinando di Borbone e costruì un porticato a semicerchio per dare alla piazza un tono maggiormente monumentale.
Due palazzi completarono la piazza, ovvero Palazzo Salerno (chiamato così perché residenza privata del principe Salerno figlio di Ferdinando IV) e Palazzo dei Ministri, oggi Palazzo della Prefettura.
Il 21 ottobre del 1860 vi si tenne un plebiscito, in cui tutti i napoletani furono chiamati a votare sì o no alla seguente domanda: “Il popolo vuole l’Italia Una e indivisibile con Vittorio Emanuele Re costituzionale e i suoi legittimi discendenti?“, all’esito del quale si acconsentì all’annessione dell’ormai ex Regno delle Due Sicilie al Regno di Sardegna, con una percentuale favorevole pari al 79%. Il plebiscito fu raccontato anche da Giuseppe Tommasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo”, che ispirò l’omonimo film (1963). Questo è stato, pertanto, l’evento dal quale la piazza deriva il suo nome attuale. Questa meravigliosa piazza è oggi meta di passaggio di milioni di turisti che restano sempre incantati dalle numerose attrattive e bellezze architettoniche che offre la nostra città. E sicuramente, ammirarla mentre si sorseggia uno dei migliori caffè di Napoli, renderà il tutto ancora più piacevole.
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